domenica 31 gennaio 2010

Diapoghi Thai

Scrivo mail lavorative, mentre il nostro fuoristrada sfreccia a 107kmh da Ranong a Takuapa, alzo la testa e in direzione opposta viene un bimbetto. Non ha più anni della dita di una mano e pedala faticosamente, levato sui pedali. In brevissimo lo superiamo, i miei occhi lo seguono e osservano che da dietro gli cinge la vita la minuscola sorella seduta sul sellino della bicicletta.



Non è una foto, ma guardateveli anche voi. Questi sono solo i primi, ve ne mostro un po’, qualcuno velo faccio ascoltare. Stavolta mi faccio da parte. Inizio con il disegno di un bambino che visse lo tsunami da vicino.


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Dopo 5 anni di studi di filosofia a Bangkok, Benjamin ritorna a casa dai suoi, nel centro sud thailandese.


- Bentornato Ben, puoi dirmi come faccio ad aumentare la resa delle piante di ananas?


- Mm.. Non lo so, mamma.


- Fantastico. Hai studiato per 5 anni e torni più inutile di prima.


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Un operatore di Caritas Belgium osserva che un problema della lingua Thai è che alcune parole hanno un significato che dipende dal tono d voce. Quindi la prima volta che senti parlare qualcuno e non ne conosci il tono è complesso capire quei termini, soprattutto se sei “farang”, straniero (simile al “ferengi” etiope..).


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- Tutto il mondo dovrebbe parlare Thai


- E perché?


- Perché da qua passano tutti: tedeschi, italiani, belgi, statunitensi. Non sono mai andato da nessuna parte, devo impararla io la vostra lingua?


Ahivoi, triste metafora. Non solo avete da imparare la nostra lingua, ma per accedere ai fondi della cooperazione internazionale vi servirà imparare a scrivere e-mail, stendere progetti con analisi swot, allenarvi a capire a quali povertà siamo più sensibili e come compiacerci quando arriviamo in missione. I più sgamati tra voi impareranno a distinguere donors che apprezzeranno le vostre attività con la parte musulmana della popolazione e quelli invece da tenere all’oscuro di queste compromissioni.


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Risposta thai a domanda mirata: “Gli italiani sono come i cinesi: amano le feste, parlano molto e lavorano un sacco. I tedeschi sono come i giapponesi: rigidi, parlano poco e lavorano un sacco”.

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E la nostra barchetta arriva vicino alla costa opposta. Io indosso un cappello alla Brokebak Mountain che farà la felicità dei commentatori di sti post, Alberto appeso alla sua borsa fotografica (cui d'altronde dobbiamo qste foto) di sei chili sei. Credo che comprendere i sarcasmi che si scambiano i nostri accompagnatori da altre scialuppe varrebbe il prezzo della missione. Abbiamo appena camminato, equilibristi storti, su sottili tronchetti che circondavano le reti da pesca in mare, e siamo stati bravi, come l’operatore Caritas locale ci ha rivelato in seguito: “È molto facile camminare lì senza volare in acqua. Per me”. Poi siam montati al contrario sull'imbarcazioncina che ci avrebbe dovuto portare a visitare i raccoglitori di conchiglie. Ma vediamo nessun raccoglitore di conchiglie.



Fino a quando un uomo emerge dal mare. Abitante di Atlantide, saluta colle mani giunte davanti alla bocca (più alte le tieni più esprimi rispetto per il salutato) e dietro lui buca la superficie acquosa un ragazzo, con 3 ostriche in pugno. Ci sorride e lancia il bottino in una barca lì di fianco. A lato di questa si rivela una sirenetta che vistoci si reimmerge con un sorriso timido. Ma la sorpresa è dietro: l’ennesimo uomo completamente vestito si alza e tiene un bambino piccolo sulle spalle ed erano entrambi sott’acqua. Persone anfibie. Se fossi in voi non mi crederei.

3 commenti:

  1. che uno (io) si sforza di non farle certe cose, ma poi gliele (mele) servono così, su un piatto d'argento, e si finisce per farle, certe cose

    http://www.youtube.com/watch?v=oitPha73qWU

    ma questa era effettivamente troppo facile

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  2. 2010 02 01, Phuket, 23e11

    --> eh, eh.. video tanto prevedibile k l'avevo kiamato ad Alberto, ma Marcoponti è un guro ed ogni pretesto per evocarne le opere va Benedetto.

    Sedicesimo giorno d missione. Iniziano ad essere tanti, ogni giorno un’immersione in una realtà diversa, una sorta di zapping reale con qste tv thai ke hanno 100 canali, tra cui una non agognata rai1. Ed è impossibile ke tu sappia cosa ci stia alla tele in quell’esatto momento, x’ vai in tripla cifra qdo sui primi canali sono iniziati nuovi programmi, el giro ricomincia. In Italia hai 10 canali, quelli sono. Ci siamo risevati per ultimi le realtà più interlocutorie, quelle che prima di scriverne le devi raccontare a te stesso, ieri i Morgan, oggi la vita dei clandestini birmani, domani. Faticosissimo tenere separati a Phuket il turismo sfacciato e l’annullamento dei diritti umani delle comunità d’immigrati che visitiamo. Che altro non è che quello che succede in Italia, ma lo trovo vergognosamente più lampante lontano da casa.

    --> È andata così male con Dolores?

    Parlando in inglese ad un birmano che risponde in italiano, bleffo:
    - È un po’ che non si sente parlare di Myanmar in Italia: le cose van meglio?
    - Io non lo penso. Però è meglio per noi se non ne parlano.
    - ?? Come? Il mondo dovrebbe sapere come gira da voi…
    - Se così fosse, la gente non verrebbe più e perderemmo quel poco di turismo.
    - È un punto di vista, sì.
    - E in Italia come va? Superata la crisi?
    - Direi di no, ma ci sono opinioni differenti.
    - Chi avete adesso al governo? Qualche anno fa avevate Berlusconi…
    - Tuscè. Sempre lui, Berluscon.

    --> Nella sceneggiatura originale un tizio ascolta il ragionamento (che viene da fatto da Bart, e non da Andrea. Solo che ad Accorsi riusciva così bene che l’han spostato a lui, il che ha anke molto + senso visto il suo patè danimo). Beh, sto tipo li orecchia leggendo un giornale porno (o Micro-Mega, precisa Marco Ponti, k non aveva ancora deciso) e alla fine commenta “Hey, amico... grande. Non ci avevo mai pensato!”. Al che Bart replica: “È difficile volare basso quando si è aquile, Johnny Boy”.

    Per me han fatto bene a tagliarla.

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  3. Ciao Paolino, ma che bello leggerti... Ti abbracciamo e seguiamo con tanto affetto. Paolo, Anna&tutti da Rijeka

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