E' passata una settimana dal mio ritorno dalla selva beniana ( nella regione del Beni) ed è andato tutto bene.
Sono partito lunedì 21 con Giovan ed Edwin, due tecnici di Caritas, in direzione Santa Cruz. C'è solo una strada che collega le due città (dopo La Paz il secondo e il terzo centro urbano più popoloso del paese) con una corsia per senso di marcia non sempre asfaltata.
Dopo tre ore di jeep siamo passati dai 2700 Mt. di Cochabamba alle pianure del tropico boliviano, il caldo umido si fa sentire nonostante sia inverno.
Prima di arrivare a Villa Tunari ci fermiamo ad un posto di controllo ed i militari di turno ci ritirano le tre taniche di benzina che avevamo riempito a Cochabamba. Perchè? Bene , entrando della zona calda della produzione di cocaina non si possono portate più di 20 litri di benzina in quanto sia l’ingrediente fondamentale per macerare le foglie di coca. Tutta la benzina che entra legalmente e che si vende nei distributori è colorata di rosso e non si può usare per la produzione della polvere bianca mentre tutta la benzina che entra illegalmente, occultata in doppi serbatoi, viene venduta a 11 Bs. litro ( contro i 3 della benzina legale).Non abbattuti dal brutto inizio dell'avventura ci fermiamo per mangiare un Suruby, un pesce che si pesca delle acque dei fiumi della regione del Chapare.
Riprendiamo il viaggio e arriviamo a Santa Cruz alle 20.00. E’ una città molto più grande di Cochabamba e molto più "occidentale". In questa zona ci sono grandi latifondi e per la prima volta ho visto macchinari come trattori, aratro meccaniche e magazzini immensi di soya e riso. Nelle comunità di Cochabamba si zappa ancora a mano o con l’aiuto di un bue.
Dopo la notte a Santa Cruz partiamo per Guarayos. Altro cambio di regione, entriamo nel Beni ed il paesaggio si travolge nuovamente. Le terre sono immense e si perdono a vista d'occhio, intorno all’unica strada d'asfalto si vedono prati, mucche e tanta tanta vegetazione.
Arrivati a Guarayos ci incontriamo con don Segundino, un integrante dell'Mst. Ancora una ora e mezza di strada asfaltata poi.. entreremo nella famigerata foresta amazzonica.
La natura è regina, il sentiero stretto è sovrastato da una fittissima vegetazione che a stento fa passare i raggi del sole. Continuiamo con la jeep nonostante le difficoltà fino a quando ci impiantiamo in un pantano. Sono le 17.00, tra due ore scende il sole e.. arrivano i mosquitos. Tentiamo in tutti i modi ma non riusciamo a uscire dal buco dove ci siamo impiantati. Segundino entra a piedi per andare a prendere una pala che hanno a Tierra Nueva ( l'insediamento umano dell'Mst che stiamo andando visitare), noi ci prepariamo per la notte in jeep. Chiudiamo tutte le porte nonostante faccia un caldo immane ed il rumore dei morquitos si sente anche da dentro.. saranno milioni. Come se non bastasse i miei compagni di viaggio decidono di accendersi, in 3 metri cubi di aria respirabile, una sigaretta rendendo così l'aria ancora meno respirabile, se fosse stato possibile. Apriamo le due porte del retro per far passare un po’ d’aria e tendiamo una zanzariera , molto meglio ma essendo sistemato praticamente del bagagliaio sono allo scoperto da qualsiasi tipo di animale carnivoro e affamato. Edwin mi passa un machete. Sono le 18.00 e il sole risorgerà alle 6.00. Sarà lunga.
Non faccio a tempo a preoccuparmi per la situazione che arrivano tre angeli, anzi, tre menoniti super tedeschi alti due metri. Perché angeli? bhe perché erano in jeep e dopo un'ora di tentativi riescono a tiraci fuori con un cavo d'acciaio! Una volta fuori dal buco non possiamo che tornare indietro sui nostri passi e ci riusciamo grazie all'aiuto del Gps satellitare che ci indica la direzione in cui andare. Ci sono molti sentieri e sentierini formati dagli sfruttatori di legname che portano in tutte le direzioni!
Arrivati alla strada asfaltata ci fermiamo in un piccolo paese dove una famiglia ci ospita in una capanna. Riforniamo la jeep di benzina comprata in un negozio di bibite, montiamo i morquiteros e andiamo a dormire.
Il giorno dopo ci sveglia la tenue luce del sole, ci prepariamo e entriamo ancora nella selva. Arriviamo allo stesso punto dove ci eravamo impiantati la sera prima e ci ricongiungiamo con don Segundino che ci guida fino a Tierra Nueva. A mezz'ora dalla comunità lasciamo la jeep e proseguiamo a piedi. Qui il sentiero è un corridoio inverosimile di 15 metri di larghezza e lungo qualche kilometro nel mezzo della foresta che segna il confine tra una proprietà e un'altra. Noi ne approfittiamo per non dover aprirci la strada con il machete.
Bevo un po’ d’acqua e continuo a camminare, mancano 30 minuti dal fiume Bentòn e poi sarà Tierra Nueva. Per passare il fiume bisogna camminare su un mucchio di tronchi d’albero ammassati dalla corrente che qualche mese fa ha spazzato via il ponte originario costruito dagli Mst. L’equilibrio necessario per poterlo passare è degno di un applauso finale.
Finalmente siamo arrivati, dopo 3 giorni di viaggio e 2600 metri di dislivello verso il basso.
Rispetto al sentiero percorso lo spazio è aperto e il sole picchia sulle nostre teste, incontriamo subito il primo accampamento costituito da due Pawichi (palafitte con il tetto di paglia) e siamo accolti da Don Pedro e Doña Isabel che stanno preparando una zuppa di riso con pomodoro e pesce appena pescato. Don Pedro ci racconta che questo è uno dei tre accampamenti base che hanno costruito, “ il prossimo è a due ore di cammino da qui”. Gli chiedo di spiegarmi come vivono e mi fa salire sul Pawichi, mi indica il suo giaciglio dicendomi che “di notte i mosquitos sono tantissimi e la zanzariera è fondamentale, così come l’altezza della capanna che ci protegge dall’umidità e dalle inondazioni “. Una piccola parte dalla capanna è destinata a conservare le scorte di cibo. Intorno a noi c’è un piccolo campo di mais e un campo più grande di Yuca. “Settimana prossima raccoglieremo il mais, poi prepareremo il terreno per la prossima semina” mi dice Don Pedro. Ci sono anche due alberi di papaya quasi maturi, ne approfittiamo per fare alcune foto tutti insieme.
Segni di una comunità in cammino verso la sua formazione.
Dopo le minacce ricevute nel 2009 da alcuni proprietari terrieri, le famiglie dell’Mst hanno mollato la presa facendosi vincere dalla paura e dalle difficili condizioni d’accesso alla terra. Nonostante questo alcune famiglie hanno continuato ad essere presenti sul territorio viaggiando sporadicamente e avanzando pian piano nella formazione della comunità.
Usciamo da Tierra Nueva non senza difficoltà ma alla fine arriviamo a Guarayos sani e salvi. E' giovedì mattina e inizia il viaggio i ritorno a casa. Arriveremo sabato sera solo dopo che lo jeep decise di abbandonarci a due ore da Cochabamba e che Carlos, un'altro tecnico di Caritas, venne a prenderci trainandoci fino a casa.