lunedì 15 marzo 2010

Il Libano, Israele, gli indiani..e una mucca!

E' un articolo un po' datato, risalente all'estate scorsa, ma con un suo perchè..

Libano-Israele: tanto rumore per… una mucca!
di Lorenzo Trombetta
Rubrica Damasco-Beirut, Limes

Turbanti blu indiani della missione Onu schierata nel sud del Libano (Unifil) intenti a spargere sale su una vacca 'israeliana', morta dopo esser scivolata in territorio libanese: non è il titolo dell'ultima fatica cinematografica di Lina Wertmuller, ma la scena che si è presentata lo scorso 19 agosto a un ipotetico passante lungo il settore orientale della Linea Blu di demarcazione tra il Paese dei Cedri e lo Stato ebraico.

Vittima dell'arsura ferragostana, una mucca assetata proveniente dalle colline di Kfar Shuba, rivendicate dal Libano e occupate da 42 anni da Israele, è scesa a valle verso un fontanile in località 'Bab Hassan' (la porta di Hassan). Alla vista dello specchio d'acqua, la mucca sembra abbia inciampato scivolando in un 'wadi' solitario. Sotto il sole e forse con uno o più arti fratturati, l'animale è presto passato a miglior vita, offrendo il suo corpo all'appetito di rapaci e altri animali che popolano uno dei confini più caldi del Medio Oriente.

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sabato 13 marzo 2010

Il sole a strisce.4


Ci sono cose che spesso sottovalutiamo, o addirittura non consideriamo.
Riusciamo a concentrarci così tanto su quello che stiamo facendo, da tralasciare i particolari, non accorgerci di tutto il resto. Ci facciamo prendere dal ruolo che ricopriamo che tutto passa in secondo piano.

Io visito prigioni e prigionieri.
Io so tutto di prigioni e prigionieri.
Il mio lavoro è visitare prigioni e prigionieri.

Ho visto sua madre, suo padre, i suoi zii piangere per lui e cercare conforto presso il prete giordano che era venuto con noi. Ho provato pena per quella famiglia divisa dal vetro del parlatoio. Ho detto a quella donna vecchia e stanca, in italiano, che tutto si sarebbe sistemato. Credevo che fosse importante dirglielo. Anche se non capiva le mie parole.

Ho finito di tradurre la relazione che il prete ci ha mandato su di lui.
Ha ucciso la sorella perchè l'ha trovata con un uomo che non era il marito.
Lavare l'onta nel sangue, per cosa? Per le sorelle nubili. Per un nome.
Con l'intera famiglia dalla sua.

No, non credo più che tutto si sistemerà.
Non so più cosa sia importante dire. O fare.
In un paese dove l'onore della famiglia vale più del sangue di una figlia.



mercoledì 10 marzo 2010

La lluvia empieza con una gota, y luego...


Giornata piena di pensieri, oggi...

Sto aspettando che la torta nel mio forno finisca di cuocere; la sto preparando per una donna speciale: suora, ma in un certo senso madre e nonna, incredibilmente allegra, energica, affettuosa, attenta ad ogni persona; lei mi ha aiutato a entrare in questo strano, a volte incomprensibile "mondo nica", ha saputo capire le mie difficoltà e trovare 5 minuti, sempre, per ascoltarmi, consigliarmi, incoraggiarmi. Domani è la sua festa di despedida: dopo due anni dedicati alla gente di qui ritorna al suo paese... non vorrebbe, ma il clima di qui le fa male alla salute e ad una certa età bisogna tenerne conto...

E' a lei che sto pensando in questo momento, ma anche e soprattutto alle donne di Nueva Vida: donne spesso senza uomini o con uomini che "ci sono e non ci sono", mamme giovanissime, costrette a mandare avanti tutto da sole. Vedo una grande forza in questo, ma anche fragilità, rassegnazione al proprio destino, impossibilità di vedere un'alternativa...


"Lui mi picchiava, una volta mi ha quasi spaccato un rene a calci, non ho potuto alzarmi per una settimana, poi se n'è andato con un'altra, siamo stati separati per un pò ma alla fine è tornato e siamo tornati insieme..."

"Perché?" - le chiedi-

"Voleva vendere la casa, ho tre bambini piccoli, non sapevamo dove andare..."


O ancora: lei ha vent'anni, due bambini di due padri diversi, nessun uomo; sta parlando con un'altra donna di farsi sterilizzare, l'altra le dice che è troppo giovane, lei l'ha fatto ma devi aspettare i 26 anni e alla fine le dice "Te ne mancano ancora 6, hay que cuidarse..." Devi stare attenta, tu, perchè chiaro, qui ricade tutto su di te... se rimani incinta è perchè non ti sei cuidada abbastanza, sembra quasi che non ci sia nessuna responsabilità maschile nella cosa... ma è difficile cuidarse se lui di usare il preservativo non ne vuole sapere e tu gli dirai di sì comunque, perchè senza un uomo non sei nulla...


Questi sono i presupposti, stratificati dalle generazioni e cementati dalla povertà, che ti fa vivere l'immediato e nient'altro, senza prospettive, senza futuro. Qui si lavora a partire da questi e si cerca, con decisione, di trovare uno spiraglio per uscirne...


Ieri abbiamo festeggiato il Dia de la Mujer con le donne dei nostri progetti di Lactancia Materna e Mujeres Comercializadoras. Abbiamo chiesto ad ognuna di dirci una cosa che sa fare bene e una che le piace o le piacerebbe fare; abbiamo riflettuto sul fatto che ciascuna di noi ha valore, che sa fare qualcosa e lo sa fare bene, che è importante fare cose che ci piacciano e ci facciano sentire bene... Può sembrare una cosa semplice, però è piaciuta molto: a loro, ma anche a noi, perché ci siamo trovate di fronte donne con voglia di andare avanti, di essere autonome ed economicamente indipendenti, donne un pò più convinte di essere qualcuno anche senza una presenza maschile accanto...


E' vero, una giornata non cambia le cose e tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare...però, come dice il manifesto che abbiamo appeso nell'ufficio dove accogliamo le donne tutte le mattine, la lluvia siempre empieza con una gota...

martedì 9 marzo 2010

Encuentro Nacional Pastoral de la Tierra

Erano presenti 40 capi comunità contadine e indigene provenienti da 7 dipartimenti boliviani. Mancavano i rappresentanti di Santa Cruz e del Pando per mancanza di fondi.

L’incontro è parte di un progetto organizzato dalla Caritas Boliviana diretto ai capi comunità agricole selezionati dalle Caritas diocesane con l’obiettivo di formarli alla partecipazione cittadina.

Questi due giorni, organizzati nella Casa de la Juventud nella cittadina di Quillacollo, hanno avuto come tema l’incidenza politica. L’obiettivo dell' incontro era formare i capi comunità all’identificazione dei bisogni attraverso un'analisi comunitaria e la loro priorizzazione. Infine sono stati trattati i concetti base dell’incidenza politica.

Un tema di fondamentale importanza per le comunità indigene contadine boliviane che spesso per la loro ubicazione geografica ( a volte ad ore di cammino dalla prima strada asfaltata), per il numero di componenti ( possono essere formate anche da solo 10 famiglie) e per la non conoscenza dei propri diritti sono marginalizzate e dimenticate dallo Stato. Purtroppo spesso si tratta di cittadini di serie B senza grandi possibilità di reclamare i propri diritti fondamentali come la sicurezza alimentare, la salute, l’educazione etc.. Inoltre, come se non bastasse, sono in balia di una politica agraria boliviana che non li prende in considerazione e che, nonostante il governo Morales, stenta a dare soluzioni concrete ai problemi di queste comunità.

Il primo giorno è stato dedicato alla spiegazione teorica dei contenuti. Il secondo giorno, attraverso la divisione in gruppi, è stato sperimentato il metodo di analisi dei problemi nelle comunità e le modalità di replica nelle comunità di appartenenza, compito del leader una volta tornato a casa.

In questi due giorni ho imparato molto. Non avevo mai sperimentato una sensazione di pura naturalezza nelle relazioni umane. Una relazione naturale in toto, naturale così come il loro mondo. Semplice come il pane, limpida come l’acqua.
Mi sono reso conto anche della loro ingenuità, ingannarli ( purtroppo) è molto più facile di rubare una caramella ad un bambino.

Il capo di una comunità di Oruro mi racconta come siano strettamente dipendenti dall’acqua in quanto spesso scarseggi. Loro sanno dove si raccoglie anche nei momenti di secca. Ci sono delle pozze buone sul pendio di alcune collinette. Lì possono bene le pecore che allevano. Purtroppo la terra non basta, si continua a dividere con l’eredità e finisce per non bastare alla sussistenza.

Una Cholitta ( donna del campo) racconta di avere il titolo di proprietà della propria terra ( fatto raro e prezioso, di solito la proprietà della terra vige di fatto) però intestato al marito il quale è andato con un’altra donna. In qualsiasi momento potrebbe tornare e cacciare sua moglie dal terreno prendendone possesso.

Queste storie e molte alte che dipendono direttamente e unicamente dalla Pacha Mama, la Madre Tierra.


Nella serata culturale ogni delegazione preparava un canto, una danza locale o una storia locale. Una donna di Oruro ha raccontato una barzelletta.. Naturalmente in Quechua! ... l'avete capita voi?


..el greengo y los campesinos.. Where is Mr. Brown??

lunedì 8 marzo 2010

may be a hundred different things



Lei era la figlia del Profeta, moglie di Ali, cugino del Profeta. Vedendo tornare lo sposo con la nuova, giovane e bella moglie, sovrappensiero, mise la mano nell’acqua bollente. Persa nei suoi pensieri, non emise suono. E ritrasse la mano perfettamente sana. Sempre senza proferire suono attese che lo sposo comprendesse il suo dolore. Pazientemente. Alla fine Ali rinunciò alla nuova, giovane e bella moglie per lei, per Fatima.

Lei è regina del Portogallo che cerca un figlio. L'altra è un'altra, famosissima, madre. José Saramago, parlando di entrambe ne ‘Memoriale del convento’ scrive: ‘l’altra, e tanto discussa, incorporea fecondazione è avvenuta senza precedenti solo perché si sapesse che Dio, quando vuole, non ha bisogno di uomini, sebbene non possa fare a meno di donne’.

Lei è morta unannomenounmesepiùungiorno fa. Si chiamava come me. Lei era mia nonna. Vedova troppo giovane, ha allevato sette figlie ed una nidiata di nipoti e pronipoti. Quasi ogni giovedì che il signore le ha dato, lei ha fatto gli gnocchi, per tutti. Se n’è andata solo dopo essersi sincerata che avessimo mangiato tutti, quel giorno. Il giorno in cui è morta, a casa sua, dove la porta non veniva mai chiusa perchè tanto c'è sempre chi entra e chi esce, non c’era un solo uomo.

Lei, dacché mi ricordi, non si è mai ammalata. Oggi mi ha chiesto se le manco. Le ho detto di no. Ovviamente mentivo. Dice che lui l'ha comprato che era già così. Probabilmente si è rassegnata, si è convinta che anche a me mi ha comprata che ero già così. Lei è mia madre. Trent’anni e tre settimane più di me, con una naturale propensione all’altro. Non riesce a pensare a se stessa, non le viene naturale. È sempre stata così. Lo sarà sempre.

Lei è buona. Per quanto si sforzi, resta sempre e comunque buona. Lei è mia sorella. Cinque anni meno di me. Fa gli anni una settimana esatta dopo la mamma. Fa lo stesso lavoro della mamma. Sbuffa, si lamenta, alza gli occhi al cielo, si arrabbia. Ma poi non può fare altro che essere buona. E poi si fa venire le paturnie se il gatto zoppica o mangia meno del solito.

Lei ha aspettato finché ha potuto. Poi si è stufata. Undici anni ha aspettato, credendoci veramente. Poi ha detto basta. Lei è l’amica che mi sono trovata accanto senza volerlo. Che poi al mio fianco, nel bene o nel male, ci restata. Si è indebitata, ora si fa un c**o così per pagare le rate del mutuo, ma di aspettare ancora che l’uomo che aveva si decidesse, non ce la faceva proprio più. E si è fatta fare il bagno tutto rosa.

Lei ha tentato di spiegare le sue ragioni. Che quell’uomo ‘diverso’ era, è e sarà il Suo uomo. Non sono sicura che l’abbiano capito tutti. Ma lei sono dieci anni che continua, pazientemente, a spiegarlo a tutti. Pure alla sua famiglia. Lei è l’amica di sempre, che va, che viene, che resta, per poi partire di nuovo, che sparisce e che poi torna per spartire con me notti intere di chiacchiere in macchina sotto casa a fine serata.

Lei ha cambiato mille strade. Pareva decisa. Non lo era. Camminava a passo svelto, ma forse fuggiva solo da se stessa. O forse solo rimandava scelte, decisioni. Ora la sua scelta, quella definitiva, quella per la vita, vedrà la luce all’inizio di maggio. Come mia madre, come mia sorella. Lei è l’amica con cui litigo, che mi fa da specchio. Che odio ma che amo con tutta me stessa.

Lei è la madre di sua madre. Non è la prima volta che parte. Non è la prima volta che torna. Ha deciso, fortissimamente, di ripartire. Fra qualche tempo sarà troppo tardi, si diceva. Poi ha scoperto che era troppo presto. Le cose della vita non guardano in faccia nessuno. A loro non interessa dove sei, capitano e basta. E a lei è toccato di scappare su di corsa, a sopresa., per ricordare a sua madre che lei c'è, comunque. Lei è l’amica che mi sono ritroviata in casa perché non sapeva dove dormire. Che parla col mio gatto come se fosse il suo. Che mi lava i piatti. Che divide con me il plaid sul divano, le confidenze, il letto che sennò fa freddo. Ti posso abbracciare? Anche no, grazie.

Lei mi ha chiesto in inglese, poco tempo fa, se io fossi femminista. Sono, ancora oggi, molto orgogliosa della mia riposta. Le ho detto che mi bastava essere una femmina. Che la cosa mi pare già abbastanza impegnativa così.

Lei è tutte le altre che non posso elencare.
Lei è tutte le care colleghe che ad ottobre si sono chiuse dietro delle porte che aprire portoni sì, ma sul nulla. Nulla che ora riempiono ogni giorno, poco per volta.
Lei è tutte quelle che ce la fanno, quelle che invece no, quelle che sognano, quelle che partono, quelle che arrivano, quelle che mai più nella vita, quelle che se ti trovo in giro ti investo, quelle che mi vedi grassa?, quelle che non ho niente da mettermi, quelle che sono troppo depressa per fare compere, ci facciamo un gelato/panino/pizza gross@ così?

All’interno del mio braccio destro mi sono fatta tatuare cinque dita, schiuse a formare come un piccolo fiore. Hamza. La mano di Fatima. Sta lì a ricordarmi che certe cose non sono solo biologia, casi della vita (io non credo nei casi della vita), condizionamenti sociali e/o culturali. Io ci credo veramente.


La mimosa è un fiore orribile, che arriva da una pianta orribile e che ha un odore orribile, esteticamente parlando.



Signore, auguri. E grazie.



[Oggi, 8 marzo, esce in Italia 'Donne senza uomini', dell'iraniana Shirin Neshat (sua la foto sopra). Io ci ho scritto sopra la tesi. Se vi capita, andate a vederlo.]


sabato 6 marzo 2010

M.O.

Ovvero come spiegare il Medio Oriente con un disegnino.



Sfortunatamente l'opera qui sopra non è mia. Ma avrei voluto avercela prima io, quest'idea.

Qui in Giordania, ogni volta che si nomina il Libano, sono tutti grandi sorrisi, ah, com'è bello il Libano, ah, in Libano c'è tutto.
Ci sono pure delle riviste di fumetti.

Appena sono arrivata alla pagine 63 del terzo volume di Samandal, davanti a questi due omini che si incontrano e non si capiscono, ho pensato a tutti gli anni che ho passato china sui libri, a studiare le dinamiche dell'area, a tutte le volte che ho sentito le vicende di questi posti raccontate da chi le ha vissute, a tutte le volte che ho assistito alla distribuzione spannometrica di colpe e meriti a interi popoli, a intere nazioni.

Qualcuno deve cadere/essere buttato nel buco nero della storia perchè si possa voltare pagina?

I primi tre albi della rivista sono scaricabili dal sito, gratuitamente, sia in arabo che in inglese.
Enjoy!


p.s. ho cercato i credits dell'autore senza trovarli. Spero che i link qui sopra bastino per essere perdonata.
p.p.s. ringrazio Davide (e il suo PhotoShop che mi è stato tenuto nascosto fino ad oggi, mmannaggiatté) per il supporto tecnico.
p.p.p.s. ringrazio Sara che pure in missione ha pensato a me e al mio feticismo fumettaro.

mercoledì 3 marzo 2010

Il sole a strisce.3


Parlare della situazione delle donne che vivono al San Sebastian mujeres è difficile. In questo carcere vivono circa 176 donne e altri 120 bambini da 0 a 12 anni. Vivono con le loro mamme perchè FUORI non hanno nessun parente o amico che possa occuparsi di loro.
Per tutti però vivere in un carcere in Bolivia costa, le donne che vivono DENTRO devono pagare tutto: pagano il “DERECHO DE PISO”, un affitto che ti da diritto al posto letto, pagano per mangiare e pagano perfino per usare il bagno e la doccia! Così per mantenersi e per mandare i propri figli a scuola si arrangiano con piccoli lavoretti all'interno del carcere: ricamano tovaglie, vendono bibite e cibo alle altre detenute e svolgono servizi di lavanderia per l'esterno del carcere.

Ogni volta che vado il sabato alla messa c'è sempre una solita routine da seguire: la coda con i parenti per lasciare cellulare e documenti, la perquisizione e le solite domande “chi vai a visitare?”, “quanto tempo ti fermi?” e poi finalmente il via libera. Prima di poter entrare però bisogna aspettare davanti al grande portone di ferro marrone e tutte le volte non riesco mai ad immaginare cosa incontrerò dall'altra parte. Perchè in questo carcere una volta che entri...sei dentro anche tu; perchè non incontri una detenuta...le incontri tutte; qui non esiste una sala per i colloqui...i colloqui con gli avvocati e gli incontri con i parenti si fanno sul piccolo piazzale del carcere pieno di tavolini di plastica rossa firmati Coca Cola. Tutte le volte c'è un senso di soffocamento...e quando tenti di guardare il cielo non ce la fai perchè tra una cella e l'altra sono tirati i fili dove vengono stesi i vestiti ad asciugare...e sono sempre perennemente carichi...il sole qui si vede veramente a strisce.

martedì 2 marzo 2010

Gracias a la vida


Gracias a la vida,
Que me ha dado tanto,
Me dió dos luceros,
Que cuando los habro
Perfecto distingo,
Lo negro del Blanco,
Y en el alto cielo,
Su fondo estrellado,
Y en las multitudes
Al ombre que yo amo

Gracias a la vida,
Que me ha dado tanto,
Me ha dado el oído,
Que en todo su hancho,
Grava noche y dia
Grillos y canarios,
Martillos Turbinas
Ladridos Chubascos
Y la voz tan tierna
Del que estoy amando


Gracias a la vida,
Que me ha dado tanto,
Me ha dado el sonido
Y el abecedario,
Con el las palabras,
Que pienso y declaro
Madre amigo hermano,
Yluz alumbrando,
La ruta del alma
Del que estoy amando


Gracias a la vida,
Que me ha dado tanto,
Me ha dado la marcha
De mis pies cansados,
con ellos anduve,
ciudades y charcos,
Playas y desiertos,
Montañas y llanos
Y la casa tuya,
Tu calle y tu patio


Gracias a la vida,
Que me ha dado tanto,
Me dio el corazón
Que agita su marco
Cuando miro el fruto
Del cerebro humano,
Cuando miro el bueno

Tan lejos del malo
Cuando miro el fondo
De tus ojos claros


Gracias a la vida,
Que me ha dado tanto,
Me ha dado la risa
Y me ha dado el llanto
Asi yo distingo
Dicha de quebranto
Los dos materiales
que forman mi canto
y el canto de ustedes

que es el mismo canto,
y el canto de todos
,

que es mi propio canto


Gracias a la vida,
Que me ha dado tanto